mercoledì 30 dicembre 2020

GLI ANZIANI E LA SACRA FAMIGLIA

Vorrei dedicare poche righe alle persone cosiddette "anziane". E prendere come esempio la figura di Anna, la profetessa, che l' evangelista Luca descrive nel passo della scrittura di questa settimana dedicata alla Sacra Famiglia. Il Vangelo e' veramente la risposta a chi crede inutili i vecchi. Chi oggigiorno valuta giustamente i vecchi ? Se ne dice un gran bene, in astratto, ma poi concretamente, chi li segue, chi li ascolta, chi li assiste. Anche la commozione, il dono umano che costa meno di tutti, e' piu' facile davanti ai bambini che davanti ai vecchi. Un visitatore comune ha indubbiamente piu' lacrime e compassione in una corsia d' ospedale per bambini che in un ricovero di vecchi. L' immagine del bambino e' legata alla possibilita' di soffrire e all' impossibilita' di difendersi, e tuttavia i bambini hanno davanti la vita !
I vecchi non hanno davanti piu' nulla umanamente parlando. I sogni sono spenti, la realta' e' sgradevole, l' attenzione degli altri superficiale, la pazienza scarsa. Quanti dichiarazioni di esclusione per non dire di disprezzo abbiamo sentito nell'attuale situazione pandemica. Un tempo che sta ancora creando fratture e separazioni.
Solo tornando un po bambini credo che anche i vecchi potranno commuovere il cuore umano. A questo pensava Gesu'. 
Nella fede e' possibile accettare il mistero della vecchiaia in se' ed accostarlo negli altri con la tenerezza e la pazienza necessarie. Anna, appunto, e' una figura simbolica che puo' bene rappresentare una "categoria" che sa esprimere dei valori profondi pur vivendoli nel silenzio quotidiano, custoditi nell animo. Pur non proferendo parola aveva capito che quel Bambino rappresentava la Salvezza del mondo e custodiva questa Verita' nel suo intimo.
 Quando ci avviciniamo ad una persona anziana pensiamo bene al valore di questa persona e alla sua "dignita".
Il Vangelo restituisce valore alla figura degli anziani ( cosiddetti vecchi) tanto bistrattati dalla società. Anna e Simeone si "accostano" in punta di piedi alla *Sacra Famiglia* come figure essenziali del tessuto sociale rivalutandone il ruolo. San Luca ci narra attraverso le parole di Simeone, la dura realtà del futuro della Madre di Gesù, ma niente ci rivela di quanto Anna, la ottuagenaria profetessa, dice al Bambino Gesù una volta preso in braccio. 

Mi sarebbe servita molto anche una sua unica "parola". L' avrei usata contro tutti i parassiti della terra, che danno del parassita a chi è vecchio per il solo fatto che è vecchio, senza rendersi conto che tanta energia di protesta è stata disinteressatamente cullata proprio sulle ginocchia dei vecchi. Ma forse è meglio così. 

Il segreto di Anna è un segreto sacro. Il nostro mondo non merita di conoscerlo. Rimane un segreto tra lei e Gesù Bambino

Dobbiamo avere rispetto per questa fase della vita, la vecchiaia per le persone anziane che rappresentano la nostra memoria, la saggezza tramandata. Nelle sacre parole i due anziani evidenziano una loro particolare "sensibilita" una intuizione interiore propria delle persone ispirate dedite al bene. 

Simeone aveva così tanto atteso ma poi subito riconosciuto il figlio di Dio ed intuito la sua essenza divina. E così Anna, rimasta vedova dopo pochi anni dal matrimonio, che aveva capito come solo l' amore di Dio fosse indissolubile tanto da rendere sacra (sacrificare) la sua dedizione. 

In questo periodo in cui la Chiesa celebra la Santa Famiglia e ce la indica a modello, teniamo ben presente il ruolo che in essa svolgono anche i nostri anziani. Onoriamo i nostri anziani, amiamo i nostri vecchi, colonne portanti della nostra società. Solo nella fede è possibile accettare il mistero della vecchiaia in sé, ed accostarlo negli altri con la tenerezza e la pazienza necessarie. 

BUONA SACRA FAMIGLIA 

sabato 26 dicembre 2020

LA VIA DELL'INTEGRAZIONE

Coniugare eterno e tempo. Le difficoltà che incontriamo lungo la "vita interiore" sono tante non ultime quelle della costanza nella pratica meditativa. La vita interiore, la vita spirituale non sono altro che la vita vissuta con intensità di consapevolezza maggiore. Non esiste infatti la vita spirituale nel termine. Siamo noi che abbiamo creato le diverse categorie tra le quali la vita consacrata, vita religiosa, vita spirituale, etc, etc. 

In realtà la vita è la vita che ha molte declinazioni. La vita spirituale è la vita umana vissuta con una totalità consapevole. Una vita che subisce molte crisi, ricadute, oscillazioni. 

Quindi qualunque immagine astratta o idealistica che ci facciamo della vita spirituale è semplicemente un' illusione. Illusioni che affrontiamo ma che piano piano nel processo iniziatico vanno lasciate cadere. Queste cadute (delle illusioni) corrispondono alle varie conversioni che attraversiamo durante la vita che consistono proprio nell' abbandono delle prospettive e delle aspettative egoiche sulla vita spirituale. 

Queste immagini, dal piccolo al grande, sono chiamate a crollare e quando crollano abbiamo un momento di smarrimento. In realtà sta semplicemente crollando una nostra illusoria aspettativa e non la "vita spirituale". Non è in dubbio la vita, ma sta crollando una nostra immagine che come sappiamo ci costruiamo come difesa.

IL CAMMINO SPIRITUALE

Il punto di partenza di ogni cammino spirituale è costituito dall' emergere di uno stato di inquietudine, di "bisogno", che può essere di senso, di ordine, di guarigione, di compiutezza, di trascendenza. E ciò, quali ne siano le cause, appartengano esse all'esperienza umana, o rientrino nell'imprevedibile azione divina. Ma anche in questo secondo caso, l' uomo è chiamato a darsene ragione, a metabolizzare un evento, a trarne le debite conseguenze.


Certamente Paolo di Tarso deve la svolta operata nella sua vita a un intervento dall'alto che lo precipitò al suolo accecandolo, ma gli occorrerà un triennio di ritiro in Arabia per "assorbire il colpo" e riformulare il suo piano di esistenza.
L' itinerario del cammino che si snoda davanti a noi può abbracciare i seguenti aspetti, esposti in modo assertivo, ma che occorre riformulare come interrogativi per poterci rispecchiare nella nostra situazione.

Il risveglio interiore emerge per lo più dalla presa di coscienza di quali siano i conflitti e le disarmonie che agitano la nostra persona e sono fonte di insoddisfazione e di sofferenza.

Di qui l' esigenza di guardarsi dentro, per radicarsi in quel centro interiore che è sorgente di unificazione apportatrice di armonia e pace. Strumento principe per conseguire questo obiettivo è la meditazione.

La meditazione a sua volta libera una forza, un'energia interiore che ci sostiene nei mutamenti cui ci sospinge la nuova visione, che si è fatta strada in noi, della vita e dei suoi compiti.

Il primo banco di prova consiste in un nuovo rapporto che si viene a stabilire tra le dimensioni del nostro essere, costituito, quasi fosse uno strumento musicale, da spirito, psiche e corpo, così da giungere ad un soddisfacente grado di accordatura. In tale contesto può rivelarsi decisiva la risposta che diamo ai tre "radicali bisogni" propri dell'essere umano : l'avere (cibo), il potere (orgoglio, autosufficenza) e il godere (sessualità).

Giunti a questo punto, avvertiamo come la posta in gioco di un autentico itinerario interiore è il superamento dell'egocentrismo, che ci imprigiona nelle maglie di un io illusorio ed ingannevole.

Ciò comporta un processo di progressiva semplificazione e un'insonne ricerca di essenzialità.
Quando ci si radica in questo orientamento, la dialettica tra interno ed esterno si compone sia sotto il profilo personale sia in rapporto a quanto interagisce nei nostri confronti, dalla società al cosmo.
Le virtù che ci sostengono in questo cammino sono l' umiltà, ossia la verità su noi stessi, e la pazienza che rispetta i tempi di maturazione e le sue stagioni.
Banco di prova e verifica di simile processo è la "ferialitá", la vita di ogni giorno, della quale prendiamo atto interrogandosi nel quotidiano esame di coscienza.

( Antonio Gentili- Tratto da - Sarò io ad aiutare Dio- Il cammino spirituale di Etty Hillesum)


LE COINCIDENZE

A tutti è capitato di constatare nella propria vita come alcuni avvenimenti, immagini, rivelazioni o incontri si presentino in modo puntuale, con un giusto tempismo, in un attimo che attira la nostra attenzione. Direi in sintesi che coincidano. La domanda dell' io razionale è sempre quella.

È solo un caso, una combinazione, o quello che "capita" è un segnale di una dimensione, di una presenza, di una realtà latente che vuole apparire ? Personalmente credo che le coincidenze, chiamiamole così, ci danno delle tracce visibili di tutto cio' che avviene nella dimensione 'invisibile' sulla quale solitamente non siamo mai focalizzati, ma da dove ha origine tutto quanto avviene nel mondo materiale. 

Questa interconnessione o inseparabilitá rende tutto miracoloso, oltre che possibile. Il mare di collegamenti del mondo decade in onde individuali che diffondono gocce di schiuma luminose come diamanti, capaci di riflettersi l' un l' altra per un breve istante, per poi tornare ad immergersi nelle profondita' dell' oceano. 

C'è un unico momento eterno, una coscienza, un amore o uno spirito infiniti, che si trasforma costantemente in osservatore e scenario. Noi siamo quelle gocce cristalline, che deriviamo dall' amore. Ogni 'separazione' e' illusione. 

L' io locale si realizza come io non locale soltanto quando entrambi entrano in connessione : solo allora percepiamo l'esistenza di un unico Io unversale. E non appena stabiliamo la connessione, iniziamo a sperimentare fiducia, amore, perdono, gratitudine, compassione.

giovedì 24 dicembre 2020

NATALE E QUALE ?

È inutile nasconderlo. Tutti noi, chi più chi meno, avvertiamo da qualche giorno come una musica che vibra a frequenze stonate e nel contempo un impulso a rimuovere quest'onda che sembra avvolgerci fino a diventare una "melassa" dolciastra che si attacca dappertutto. Cosa sta per accadere ?

Stiamo per far festa.
Si avvicina il giorno più bello nella tradizione di tutte le culture del mondo.
Ma cosa, o chi festeggiamo con il Natale ?

I.

Credo che mai come quest' anno sia propizio il momento per riflettere bene sul senso di questa domanda e quindi sul valore della celebrazione della festa. Vale a dire su quello che veramente significa per ciascuno di noi.

Risulta evidente in questo "quadro" la sensazione di smarrimento, la percezione di un contrasto tra una cornice luccicante, un desiderio di gioia proprio del momento con un soggetto che ci mostra tinte grigie che degradano verso un' orizzonte indefinito e confuso.
Non è un bel quadro quello di questa galleria !!

II.

Se è vero che il Natale trascina con sé i ricordi di tutti noi da bambini, il calore della famiglia, i regali sotto l'albero, il presepe. Tutte immagini e sensazioni piacevoli che hanno consolidato nel tempo in noi quella che chiamiamo tradizione.
E anche vero che, man mano che son passati gli anni, ho notato come questo evento, questa ricorrenza abbia chiesto sempre più insistentemente, alla mia mente, ma soprattutto al mio cuore cosa mi aspettavo che avvenisse, cosa facesse nascere in me oltre al bambino.
E dentro di me la domanda si è fatta ultimativa e risonante.
Chi nasce a Natale ?

III.

La domanda dovremo porcela un po' tutti.
Cosa significa per noi quel Bambino che puntualmente "nasce" nel luogo più umile e freddo che si possa mai pensare.
Ecco !! Solo chiederselo ha un grande valore.
Solo chiederselo significa rinnovare ogni volta il valore della nostra appartenenza. 
Significa comprendere che la ricorrenza risponde alla necessità di conoscere la storicità di un evento che ha cambiato la storia di tutti noi, cristiani e non.
Per capire che il Cristianesimo è intriso nel tessuto di ogni categoria sociale, politica, religiosa, lavorativa, aldilà di tutte le religioni.

Riflettendo su questa verità oggettiva potremo avvertire crescere dentro di noi la sua Presenza. Iniziare a vedere colorarsi quel quadro con le tinte sgargianti della fede.
Comprendere come Gesù sia sempre dentro di noi prima di ogni tempo, e in modo slegato da ogni ricorrenza di calendario, come sorgente eterna di Amore, di Luce che ci genera e ci rigenera nel luogo dove ora siamo incarnati, dove avviene l' Epifania e lì si fa storia.

IV.

La domanda che Gesù fa ai
ai farisei : "Che ne pensate del Messia ?"
Se Davide lo chiama Signore come può essere suo figlio ?

La fa anche a noi, la fa anche a me, oggi a Natale !!
È una domanda da uomo a uomo.
La risposta è  anche la nostra :
In profondità io sono figlio di Dio !! IO SONO divino in forma umana. E vi posso parlare finalmente da uomo a uomo affinché voi possiate comprendere chi siete voi.

Questo festeggiamo !!
Un essere divino. 
Chi nasce ? Nasce Gesù. Nasco io.
Gesù cristo consapevole di essere divino trasmette a noi il suo spirito di consapevolezza.
Così Gesù ci dice :
IO SONO LA LUCE DEL MONDO.

Ma poi dice anche

VOI SIETE LA LUCE DEL MONDO
.

AUGURI

BUONA NASCITA

domenica 20 dicembre 2020

CONTEMPLARE DIO PADRE

Avere un padre può essere ancora una condizione vantaggiosa e confortante oggigiorno. Chi ha avuto la fortuna di poter viverne l' esperienza a lungo, in un percorso di costante presenza in famiglia anche meglio.

La mia si è fermata a soli nove anni e col tempo, avvertendo quel vuoto come uno spazio di incompiuto, si sono fatti strada interrogativi su come sarebbe cambiata l'esistenza se fosse andata diversamente. Se quella presenza, il suo riferimento durante un periodo molto importante come quello dell' adolescenza, avesse potuto cambiare le condizioni di crescita e lo sviluppo della mia persona.

Aldilà del significato che nel linguaggio comune si attribuisce alla parola Padre, alla figura paterna e quindi al ruolo che può aver avuto nel vissuto personale di ciascun individuo, il padre rappresenta comunque la discendenza, l' appartenenza della famiglia, in sintesi le proprie radici.
Se vogliamo, costituisce un' impronta, un esempio che accompagna (edu-care) i figli nello svilippo e nello stesso tempo nella crescita della propria personalità.
Per tutti i figli arriverá prima o poi un tempo giusto in cui maturerà l'idea di un necessario distacco dal padre e dalla famiglia in genere, come prospettiva naturale e non solo per non correre il rischio di rimanere eterni bambini.

Da quanto detto risulta chiaro come questa parola possa risultare ambigua e come ciascuno possa associare ad essa una serie di esperienze molto differenti che vengono evocate tutte le volte che la pronunciamo.
Diverse sono le immagini a seconda che il rapporto col padre sia stato un rapporto sereno, positivo, di pacifico dialogo o altrimenti conflittuale, agguerrito o di passiva remissione.

Forse questo è un dei motivi per i quali quando parliamo di Dio come Padre otteniamo un certo rifiuto e non solo da parte di chi col padre ha avuto un rapporto conflittuale.
Spiegare che Padre è il miglior vocabolo per descrivere l' appartenenza alla fonte divina, per descrivere Dio, è sempre stato così molto difficile come spiegare la parola "mistero".

Ci troveremo senz'altro di fronte ad un limite del linguaggio fino a quando non riusciremo, tutte le volte che ci rivolgiamo all' Eterno, a scindere la figura schematica che si è formata nel tempo dentro di noi dall' immagine di Dio.
Dio Padre è un' affermazione cristiana di fede che, nella preghiera quanto più è sentita tanto più avviene dentro di noi un cambiamento, una sensazione di pienezza e quindi di appartenenza spirituale.
La discendenza paterna dal Dio generatore mostra una radice ben più profonda, un' appartenenza che non dobbiamo confondere con quella evocata da immagini pre-costituite di un padre generativo nella carne.
Nella preghiera contemplativa si può arrivare a comprendere il vero senso della nostra appartenenza al Padre, il senso della nostra "figliolanza spirituale" che ci fa diventare eredi del Regno ed entrare nel mistero della sua incarnazione a Figlio nell' unita dello Spirito Santo.

sabato 19 dicembre 2020

RIVELAZIONE

"Chi ha visto me ha visto il Padre". Quello che contraddistingue il nostro essere cristiani è sempre stato il valore dato alla relazione con gli altri, all'incontro che sa essere luogo di condivisione e di comunione. Quanto é difficile oggi parlare di vicinanza, di relazioni umane e di contatti in un regime imposto da regole. Comunione è il termine che valorizza e contraddistingue il Cristianesimo accostando oltremodo la figura di Gesù, ma soprattutto la sua vita, alla nostra vita, come accadimento che segna la storia e quindi anche la nostra esistenza. 
Gesù Cristo, la sua rivelazione, si pone così al centro della mia fede. 

La sua vita mi parla e mi aiuta a capire il senso della stessa mia vita, dei rapporti con i miei simili e con Dio e in generale il mistero che abita l'essere umano. Lui ci dimostra che il suo mistero è indissociabile da quello di qualunque persona.

All' anelito sempre presente in noi, che si riassume nella richiesta di Filippo :
 "Signore, mostraci il Padre e ci basta
sta per essere data una risposta. Mancano pochi giorni a Natale e potremo essere sollecitati a "vedere" e direi a vivere il mistero nella sua pienezza.
 "Chi ha visto me ha visto il padre". 
Nella misura in cui accetteremo questo invito a "vedere", a meditare il suo essere in questo mondo e quindi a guardare, scrutare nella nostra vita per vedere nelle nostre relazioni, la sua Presenza, potremo capire come per Gesù la vita relazionale è assolutamente essenziale. 
Capiremo l' importanza primaria e la "qualità"  della relazione tra Lui e colui a cui Egli si rivolge.
Come il suo amore e la sua misericordia non esclude  nessuno pur nell' apparente  nascondimento, nella sensibile distanza.
Forse la stessa distanza che siamo tenuti noi ad osservare è la stessa sua distanza, una distanza che  non esclude, ma che tutto comprende.
Sentiremo il Natale "accadere" dentro di noi. Potremo avvertire interiormente la vicinanza al mistero che si sta compiendo adesso dentro di noi. Io in Te e Tu in me. 
Una pienezza, una Comunione che tutto include, che tutto Salva. 
Sarà una nuova nascita per noi, insieme a Lui. 
Una nascita dall'Alto. 
BUON NATALE

mercoledì 9 dicembre 2020

LA FEDE- UNA VISIONE AUDITA

DALLA MEDITAZIONE ALLA CONTEMPLAZIONE.

San Giovanni della Croce ha scoperto la strada, la via operativa consistente nell' immergere nella Notte, per mezzo della Fede, della Speranza e della Carità, i tre poteri dell'anima : l'intelletto, la memoria e la volontà.

Secondo le sue concezioni la Fede e la dottrina della santa Chiesa sono una sola e medesima cosa.

Rimanendo nella visuale comparativa col pensiero indiano potremo paragonare la funzione della Chiesa a quella del guru.
Ne scaturisce, per prima cosa che, per avere fede, non bisogna attivare le funzioni intellettive, in quanto come citava San Paolo : "La fede è il fondamento di ciò che speriamo e la dimostrazione di ciò che non vediamo" ( Ebrei XI, 1) quindi consiste nella sostanza delle cose che noi speriamo e, per quanto l' intelletto vi aderisca con fermezza, non ci è possibile scoprirle, rimanendo nell'oscurità (Salita del Monte Carmelo, II, 6: 2).
Così l'intelletto umano dovrà essere seppellito nella Notte prima che la luce della fede sia rivelata e possa brillare.

Ugualmente accade per lo yogi.
Uno stato simile è quello in cui il mentale viene purificato dalle sue modificazioni (vŕitti).
La fede diventa una visione che risveglia il cuore dell'allievo per grazia del guru.
È quanto la tradizione indiana esprime con l'apertura del terzo occhio.
Da notare come sia la Chiesa per i cristiani, che il guru per gli indù, sono intransigenti riguardo al carattere della loro esclusività nella concessione di questa visione, sottolineando la necessaria obbedienza.
Naturalmente per la Chiesa non esiste scelta, (unico Guru) essendo unica interprete della Fede, acquisibile nell'audizione. Vale cioè una conoscenza che si acquista non con gli altri sensi, ma con l'udito. Per l'indiano occorre stare molto attenti quando si va a cercare il proprio guru, in quanto solo dopo averlo ben identificato la "sottomissione" diventa incondizionata.

I fondamenti della Fede, la sostanza della Fede, quindi, sono sia per l'uno o per l'altra parte, degli scritti, (le Sacre Scritture per i cristiani e la Śruti per gli indù) trasmessi con la parola e ricevuti con l'audizione.
Si rende necessaria la purificazione della mente per aprire la strada alla capacità di comprensione di queste scritture, di questa conoscenza superiore, ottenendo la soluzione del potere immaginativo e della fantasia, e la devitalizzione del mentale.

Se condotto bene (da un accorto direttore) questo processo dissolutivo progressivamente farà scomparie tutto questo potere della mente.
L' azione nella Notte Oscura conduce a ciò che San Giovanni della Croce definisce i "due sensi corporali interiori" cioè l'immaginazione e la fantasia. Ciò che lo yoga chiama samkalpa e vikalpa.
L'una serve all'altra. Quantunque le immagini servano in un primo momento per aiutare a concentrare e quindi alla meditazione, la mente non dovrà perdersi in esse. In seguito, per poter giungere alla unione divina l'anima dovrà spogliarsi di tutte queste immagini e rimanere all'oscuro.
Il 51° sutra del primo capitolo di Patañjali esponendo il procedimento per raggiungere il samādhi sottolinea la necessità di abbandonare l' attaccamento a tutte le forme di concentrazione e meditazione. Non appena il controllo su samkalpa e vikalpa è totale non si riproduce più alcun genere di rappresentazione. Queste ultime quindi sono plausibili solo per i principianti. 
Occorrono per far abituare l'anima del neofita, attraverso i sensi, a tutto ciò che e spirituale.
In seguito dovranno essere abbandonate in quanto sono parte di una meditazione cosiddetta discorsiva, ma questo avverrà solo quando lo Spirito vorrà.
La sapienza di San Giovanni della Croce ha attinto profondamente a queste conoscenze della vita spirituale anche delle altre tradizioni.
Il metodo yoga si serve della meditazione della concentrazione al fine di distogliere i pensieri dai soggetti mondani, in quanto la mente non può fare a meno di "vagabondare", impegnandosi con raffigurazioni il cui contenuto è di ordine spirituale.
Śri Rāmana Mahāŕsi  (nella foto) fece questa analogia :
《L'immaginazione, l'agitazione della mente,  può essere paragonata ad un elefante la cui proboscide, continuamente in movimento, spezza un ramo qui, un altro là dall'albero al quale l'animale è legato. Allo scopo di non fargli fare troppi danni, viene posta alla proboscide una catena. 
Immediatamente l'elefante inizia a giocare con essa.
Così avviene per l' immaginazione quando viene distolta dalla sua consuetudine da un soggetto spirituale.
Il movimento della proboscide non si arresta, l'immaginazione è quella di prima, ma l'accorgimento della catena permette di limitare i danni.》

Il santo dà così delle importanti indicazioni per poter capire quando è il momento per abbandonare la meditazione e passare alla contemplazione.
Qui l'anima si trova sola con Dio e può godere della pace interiore





(Tratto dal libro "Pensiero indiano e mistica carmelitana di Svāmi Siddheśvarānanda)

martedì 8 dicembre 2020

ALLENARE IL MUSCOLO CERVELLO

Fino a pochissimi anni fa eravamo sicuri che il cervello fosse molto statico e che il sistema nervoso centrale declinasse per tutta la vita con una perdita crescente di neuroni. Oggi sappiamo invece che il cervello si modifica continuamente in relazione alle nostre esperienze, e che nuovi neuroni possono essere prodotti fino al giorno della nostra morte. Questa scoperta si chiama neuroplasticità, e richiede la ripetitività dell'esperienza, se desideriamo ottenere cambiamenti neuronali. Una pratica regolare di concentrazione perciò, o un ritmo esistenziale armonico o disarmonico, operano direttamente sulla materia del cervello, modificandola, come le più recenti tecnologie tomografiche ci dimostrano. In altri termini è ormai chiaro che possiamo agire liberamente perfino sulle nostre strutture cerebrali riplasmandole, nel bene come nel male. Ad ognuno dunque spetta la sua scelta, che non è tanto morale, quanto biologica: per vivere più intensamente e creativamente, o per stagnare dentro un cervello atrofizzato. 

(Marco Guzzi)

sabato 5 dicembre 2020

IL RITORNO È UN RESPIRO

È tempo di ritornare. È un tempo propizio per metterci in cammino lungo la strada senza più asperità, né valli né colli. Docile è il volere dell'Eterno quando tutti i ghiacci interiori si saranno sciolti. Quando tutte le tensioni si saranno allentate il passo, libero e leggero, dovrà però affrontare ancora un territorio arido. Ma non abbiamo più paura perché Lui camminerà al nostro fianco. Come pastore della nuova Umanità ci guiderà verso il compimento del Regno. 

Questo tempo di "cieli e terra nuova" è già iniziato, è adesso, perché davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anno sono come un giorno.

La via del ritorno passa per i deserti della nostra conversione grazie alla quale il vecchio uomo ego-centrato lascia il posto all'uomo trans-formato dall'avvenimento del Gesù Cristo incarnato. 

Questo tempo di Avvento potrebbe essere paragonato ad una seduta di meditazione nella quale inizialmente mettiamo comodo il corpo, poi volendo fare spazio ed ordine interiore eliminiamo le scorie, sciogliendo i nostri blocchi, riconoscendo quegli atteggiamenti abituali che ci fanno deviare dalla nostra vera natura. 

Da questo momento un'attesa. Come sentinelle che vegliano, attendiamo questa aurora, questo raggio planetario che unendosi alla nostra coscienza diventa tutt' UNO con noi. Sei tu Signore.

Ti sento in fondo a questo respiro. 

Ti sento ritornare e in un abbraccio torna la 

Pace.

CERCARE LA PROFONDITA'

La facoltà di percepire l'essenza delle cose è la soluzione di tanti nostri problemi nel capire la realtà. 

Lasciando da parte facili conclusioni a cui si può giungere con il pensiero post moderno, ragionamenti che hanno il sapore della fisica quantistica, sul fatto che la realtà la creiamo noi, o similarmente affermazioni del tipo "la realtà è negli occhi di chi guarda", penso che una veritiera lettura dei fenomeni viventi si possa realizzare da un "punto di vista" che permetta di armonizzare prospettive diverse dello sguardo. 

 Ciò credo valga per tutte le categorie dell'esistenza, non ultimo l'ambito della religione e della fede.

Lo sguardo mono-posizionato e per giunta fisso, può contenere il difetto della parzialità di visione, gonfiandosi di una presunzione di verità dietro la quale può nascondersi un mero atteggiamento di difesa. La condivisione e la comparazione invece aiutano a comprendere e a valorizzare un comune senso, consentendo l'unione e non la separazione. Il tutto avviene come nella visione stereoscopica, in cui l' immagine propria di ciascun occhio si fonde in un unico fuoco in modo da darci il senso della profondità. Quella che manca a noi talvolta nelle analisi superficiali, nelle apparenze evidenti che affiorano come propaggini di un iceberg. Il dimorare all'ombra di una sola prospettiva, in ambito religioso ad esempio, ad esclusione delle altre, non può dare una visione completa, in quanto ogni religione andrebbe considerata come un singolo sentiero che conduce alla stessa meta. 

Arroccarsi sulle proprie convinzioni e sulla loro esclusività è un fare violenza alla fede a cui aderiscono gli altri.

 Per evitare tale rischio basta mettersi nella prospettiva di credo dell'altro.

venerdì 4 dicembre 2020

SAN GIOVANNI DELLA CROCE E IL PENSIERO INDIANO

Ci sono molti modi di essere santi anche se tutti sono accomunati dal desiderio bruciante di seguire Dio con tutte le loro forze. La santità è un fiume che ha tanti affluenti. Alcuni santi sono più popolari di altri per ragioni storiche o devozionali che possono anche sfuggire ad una comprensione immediata. 

Pensiamo a sant’Antonio da Padova, san Pio da Pietrelcina, santa Rita da Cascia e via dicendo. Altri, malgrado la loro evidente grandezza, sono forse meno presenti nella devozione popolare, come quel carmelitano spagnolo che la Chiesa festeggia il 14 dicembre, San Giovanni della Croce (1540-1591). Fu insieme a santa Teresa d’Avila, altra grande carmelitana spagnola, uno dei riformatori dell’ordine carmelitano. Per la profondità dei suoi scritti mistici e poetici verrà anche dichiarato Dottore della Chiesa.

Nell’immaginario collettivo la grandezza di un uomo viene misurata e ammirata non solo per come ha saputo vivere la propria avventura umana, ma anche per il modo in cui ha affrontato le ore del supremo transito dagli affanni della vita mortale “all’altra riva” quella di Dio. Il momento della propria morte: quello delle scelte definitive, cioè della “crisi” finale, che fa paura a tutti. Giovanni della Croce sul letto di morte, ai suoi confratelli che gli leggevano le preghiere dei moribondi, chiese qualcosa di più “allegro”: domandò espressamente qualche versetto del Cantico dei Cantici, un bellissimo e travolgente poema d’amore dell’Antico Testamento (che lui ben conosceva). Non andava forse incontro all’Amore? Allora ci voleva qualcosa di più appropriato. Dopo la lettura Giovanni finì il cammino terreno pregando le parole “Nelle tue mani, Signore, affido, il mio spirito”. Cioè nelle mani di Dio Amore, per il quale era vissuto, aveva lavorato e sofferto, per quel Dio che lui aveva amato, predicato e cantato. Ecco che cosa era la morte per lui: un “dolce incontro” con Dio Amore. Aveva 49 anni tutti spesi per Dio.

Il dottore mistico, così lo chiama San Giovanni Paolo II in un omelia tenuta nel 1982,
insegna che nella fede è anche necessario privarsi delle creature, sia di quelle che si percepiscono per mezzo dei sensi, che di quelle che si raggiungono con l’intelletto, per unirsi in una maniera conoscitiva con lo stesso Dio. Questa via che conduce all’unione, passa attraverso la “notte oscura” della fede.
La notte oscura, questo concetto che, dopo Giovanni della Croce, ha attraversato la vita di tanti cristiani.

Ho letto un libro dal titolo "Pensiero indiano e mistica carmelitana" di Svāmi Siddheśvarānanda, consigliatomi come bibliografia della Collana Crocevia, da Marco Guzzi, dove viene messa in relazione la mistica carmelitana di San Giovanni della Croce con quella indiana. Ho trovato molto interessante e compreso bene come due religioni così distanti tra loro abbiano molti fondamenti in comune, uno tra questi quello della "notte oscura"
In senso lato il concetto di ascesi, e di sādhanā si equivalgono, in quanto contengono la stessa idea : quella della vita spirituale o meglio della maniera di praticarla.
L' autore del libro, molto conosciuto in India e in Europa, dove ha lavorato per presentare la dottrina Vedanta, mostra questa intima relazione tra la religione cristiana e la spiritualità indù sul piano mistico e come queste si incontrino perfettamente nel descrivere le qualificazioni necessarie per la realizzazione del Sentiero.
Nella serie di incontri che l' autore ha intrapreso negli anni '50 e '60 ha sottolineato le trasformazioni necessarie per l'uomo interiore.
Tra questi studi si ricorda in particolare quello comparativo tra la Notte Oscura di San Giovanni della Croce e l' Astānga Yoga di Patanjali.
Nel libro sono riportati oltre che molti passi tratti dalla Salita del Monte Carmelo e dalla Notte Oscura raffrontati con quelli della Bhagavad-gîtā e delle Upanişad, viene data anche la chiave, sia al cristiano che all' indù, per un giusto accostamento a concezioni diverse dalle proprie.

L' accostamento consiste nell'adottare momentaneamente la visione dell'altro, di vedere come l'altro vede, dimenticando l' adesione ad una particolare dottrina. Ciò non è uno sterile sincretismo né un eclettismo, ma un saper cogliere nelle varie Scritture elementi essenziali che si completino l'un l' altro.





giovedì 3 dicembre 2020

CONCETTO ED IDEALE - LA MENTE MENTE

LA MENTE MENTE

Il nostro cervello, questo "strumento" meraviglioso che Madre Natura ci ha regalato, rimane ancora, per noi e per gli studiosi, uno organo molto misterioso. Dopo tante attività di ricerca e sperimentazione, che la scienza ha portato avanti, conosciamo ancora una minima parte delle sue capacità, delle sue infinite prerogative.

Quello che di sicuro sappiamo è che esistono al suo interno delle differenti sedi alle quali sono associate determinate funzioni.
In generale si è scoperto l' esistenza di due emisferi.
Ad un primo emisfero sembrano essere attribuite tutte le attitudini al razionale, ai calcoli, ai ragionamenti, agli schemi di cui l'uomo si serve nella sua esistenza.
Dall 'altro emisfero sembrano invece scaturire, dell'uomo, le sue attidudini più istintive, le emozioni, le vocazioni collegate all'arte in genere, e l'anelito al trascendente, intendendo con questo una propensione alla propria affermazione spirituale.

Si ritiene che uno stimolo bilanciato dei due emisferi possa indurre l'uomo a condurre una vita più armonica, più equilibrata.
Pensate agli effetti che possono avere un' accentuata istintività, o un elevato ricorso al trascendente e alla spiritualità. 
Potrebbe indurre la persona ad essere "assente" e poco reattivo agli accadimenti, o al mondo materiale in genere.
Di contro, un eccessivo utilizzo della parte razionale e analogica del cervello avrebbe come esito un comportamento freddo e meccanico dell'uomo che lo renderebbe in extremis simile ad un robot.

Non esiste nella realtà un perfetto bilanciamento di queste due parti, se non una propensione al suo raggiungimento, in quanto l'uomo si trova immerso in una serie di relazioni, di ruoli, di attività anche lavorative che spesso condizionano questa propensione.
Così un lavoro di impiegato tecnico, di contabilità, amministrativo in genere, condiziona diversamente che un' attività creativa come può essere quella nell'ambito della pubblicità, della grafica, del disegno o della musica.
Una domanda che mi sono sempre posta è :

Esiste un'osmosi tra queste due parti? Chissà !

A me piace immaginare (ecco la parte creativa..☺️) di sì. Questa immagine credo lo possa rappresentare bene.
Bellissimo è il particolare del tentativo di questo passaggio (attraverso un ponte ideale). Questi, raffigurati come individui, presumibilmente sono i "concetti" che si dissolvono negli ideali.
Sembra meno probabile un passaggio inverso, cioè quando un ideale possa essere razionalizzato in concetto. Questo potrebbe accadere, ad esempio quando la poesia (vedi i due soggetti  con un testo in mano che vanno in senso opposto) viene a compiacersi di sé stessa, divenendo espressione dettata come forma fine a sé stessa, invece di essere un atto creativo, di muovere lo spirito.
Lo stato meditativo, tra le altre attività,  puo aiutare a potenziare la parte creativa del cervello.
Un'attività che, favorendo lo spegnimento del pensiero logico, concatenato per natura, avvantaggia lo stato di presenza e quindi può riportarci ad un equilibrio perso.  

martedì 1 dicembre 2020

FUORI DAGLI SCHE(R)MI

DUEMILAVENTI -MULTE E DIVANI. Come dobbiamo leggere quest' anno che si sta avviando alla conclusione che non sia solo un prestarsi al gioco di parole, all' anagramma predittivo in esso presente ? A me sembra l' anno del paradosso, l'anno delle ambiguità. L' anno in cui ogni concetto, ogni tentativo di leggere la realtà per classificarla e darle un nome risulta inutile. Così, più si cerca di studiare razionalmente per comprendere un fenomeno, più si rimane spiazzati e delusi. 

 La necessità di trovare risposte omologabili, e quindi ascrivibili a dato omogeneo di un evento quale quello pandemico, va a scontrarsi nella realtà con una molteplice e difforme casistica di manifestazioni negli individui singolarmente considerati. Una casistica disparata si presenta sotto gli occhi di studiosi, epidemiologi e virologi. Ma anche l'uomo "di strada" risulta confuso ascoltando testimonianze di casi in famiglia o da parte di amici. 
Una multireattivitá al virus, forse coerente con una risposta individuale del proprio sistema immunitario, sembra sottolineare e ricordarci ancora una volta come il buon Dio ci abbia voluto tutti diversi. E in questa diversità, ciascuno con le caratteristiche del proprio corredo genetico è vero, ma anche come soggetti di differenti re(l)azioni dovremo trovare ciò che ci unisce.
Come coniugare le nostre intrinseche diversità con la necessità di sentirsi uniti. Come favorire le relazioni con le distanze. In altre parole come sorreggere il pensiero scientifico per mantenerlo al livello di sostenibilità con la crescita antropologica, con il sacrosanto diritto della tutela dell'identità dell'uomo come essere incarnato ? 
Tutte domande che non hanno immediata risposta. L' importante secondo me è rimanere in uno spazio riflessivo che deve scaturire da un pensiero sempre nuovo. Un' osservazione critica ed attenta ci consentirà di non rimanere prigionieri di visioni imposte, quindi di non essere, intanto, condizionati da un'informazione che giunge da fonti di un sistema controllante e censorio. Poi tenere sempre attiva questa capacità di riflessione, sviluppando ogni volta una coerenza. Ciò può essere favorito da una corretta e costante pratica meditativa che aiuti ad alleggerire il peso psicologico del difficile tempo che stiamo vivendo. 

L'ALBA DEL NUOVO MONDO

L’alba del nuovo mondo”, il titolo del libro che ha presentato l’autore Gabriele Sannino è molto coraggioso. Nella sala Conferenze di Vill...