CULTURA

 

Nel XXIV capitolo della sua opera più importante, << Il Principe >>, Machiavelli si chiedeva il motivo per il quale i principi italiani, dopo la crisi del 1494, avessero perso tutti i loro principati.

 La risposta gli risultava semplice: questi politici poco accorti non avevano saputo prevedere in tempi di quiete la tempesta che si sarebbe poi abbattuta sull'Italia. La Fortuna, raffigurata come un fiume in piena che abbatte argini ed abitazioni, appariva a Machiavelli come una forza gigantesca, per dominare la quale era necessaria la capacità del politico di prevederne i movimenti e i mutamenti. 

Egli affermava inoltre che questa grande figura era arbitra per metà delle sorti umane, giacché l'altra metà del controllo sulla sfera umana toccava alla virtù. Alla fine dell'opera, con grande acume, Machiavelli introduceva però una nota dolente, un pessimismo ulteriore che andava a sgretolare l'impalcatura apparentemente solida di questo in realtà precario equilibrio tra due forze: egli constatava infatti che nessun politico in Italia possedeva la dote della duttilità, ossia la capacità di adattare la propria condotta ai tempi e alle situazioni contingenti. 

 Vorrei proporre questi due capitoli ( XXIV e XXV) all'attenzione di tutti coloro, profani o addetti ai lavori, che oggi hanno sotto gli occhi la situazione italiana. Forse anche ai nostri politici sono mancate le due doti che per il pensiero machiavelliano costituiscono l'ossatura del comportamento e dell'agire del vero principe/politico: la capacità di previsione e la duttilità.

 Consiglierei ai nostri politici e al nostro Premier una ripassatina veloce del trattato, che, non si sa mai, l'esperienza dei moderni ma anche la << lezione degli antiqui >> può talvolta fungere da strumento riparatore per i danni inferti al nostro Paese. 

Chissà che la letteratura non possa aiutare anche la nostra classe dirigente a riflettere sui propri errori e a riformulare per il futuro dei provvedimenti che siano più tempestivi e utili, ad impostare azioni efficaci ed in linea con i tempi, come il nostro caro Machiavelli ci insegna.

(Fonte post fb Elisa Casaburi)



ORAMAI SOLO UN DIO CI SALVA

La solidarietà si diffonde e si sviluppa molto meno di quanto potrebbe perché è omologata, tecnicizzata, un mero fare. Potrebbe divenire un aspetto più liberamente maturato nella vita di molti se si favorisse fin dalla scuola la formazione nelle identità liberamente scelte e nello scambio con le altre. Non solo identità, non solo scambio. 

 I. 

 Si smaschera il gioco di chi non vuole che il popolo, le singole persone, possano scegliere le vie della propria educazione. Imporre una visione e così manipolare, svuotare, la gente rendendo ciascuno un mero individuo consumatore perso in una massa anonima. Un tale svuotamento fin dalla scuola rende tutta la cultura un frutto di una ragione astratta. Ogni cosa si tecnicizza. Si frammenta in mille materie iperspecializzate svuotate di un libero respiro spirituale e umano.

 II. 

 Si formano nei luoghi del vario potere apparati custodi di tali codici, di tali tecnicismi. La società diviene preda di tutto ciò e nessuno può opporre valida resistenza perché la macchina organizzativa annulla e schiaccia chi vi si oppone. Il mondo intero può venire teleguidato da pochi. Se poi il potere onnipervasivo del sistema riesce a penetrare nei gangli di valide organizzazioni della società civile la dittatura del grande fratello rischia ancor più di non avere alcun controcanto.

 III. 

 È fondamentale che si trovino dappertutto le adeguate, realistiche, non velleitarie, vie della partecipazione dal basso. La società della mera tecnica è come un transatlantico che va ad affondare per l’urto contro un iceberg senza che nessuno possa fare qualcosa per impedire una tale collisione. Non per nulla anche qualche filosofo ha asserito che ormai solo un Dio ci può salvare. 

(Padre Giampaolo Centofanti cappellano del Santuario della Madonna del Divino amore)



IL GIORNO


Il giorno ci chiede di avvenire, e avviene nel nostro diventarlo. Le discipline propedeutiche fondamentali nella 《Scuola dell' Ascolto》, unico luogo senza collocazione visibile in cui attualmente si impari a pensare dopo il rivolgimento della coscienza ego-centrata, e cioè dopo la 《Chiamata del Giorno》, sono la "Sincerità" dell'anelito crescente, che nel suo fuoco sacro consuma le estreme reticenze egoiche, e l' Umiltá di chi diffida sistematicamente di sé e delle proprie conclusioni, per affidarsi con sempre maggiore coraggio e decisione soltanto al giudizio del "Maestro" che guida in noi la sua 《Rivoluzione Solare》

 (Marco Guzzi)



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