sabato 27 novembre 2021

ERRORE E ARTIFICIO DUE ARCHETIPI

Osservazione e Riflessione. Due atteggiamenti umani che dovremmo coltivare sempre, perché liberando il pensiero dai lacci di visioni imposte, ci consentono, nonostante tutto, di poter conservare, ancora oggi, un pò di lucidità per avere la possibilità di progredire. Ma cos'è il progresso? Non certo quello tecnologico, o almeno non solo quello, soprattutto per le ambiguità che quest'ultimo sta facendo emergere, compresa quella di rallentare lo sviluppo della sfera psichica e culturale dell'uomo. È come se la forte spinta tecno-scientifica avesse ipnotizzato l'uomo nella sua ricerca di miglioramento antropologico e culturale. Il vero progresso, invece, credo sia la possibilità di poter aumentare il benessere, nel vivere civile, con lo sviluppo della cultura nella duplice forma di conoscenza e esperienza. Un benessere, a mio avviso, che riguarda oltremodo la sfera della salute psicofisica. 

L' avanzamento di questo vero processo evolutivo che la specie umana, dopo l'Homo Sapiens sta compiendo, ha trovato, durante il suo percorso numerosi ostacoli, e molteplici fasi di rallentamento. Di contro, sul fronte delle scoperte cosiddette tecno-scientifiche, stiamo assistendo ad una forte e continua accelerazione. Questo incedere lento del vero progresso è da ricercare principalmente in due manifestazioni, due archetipi, due figure di riferimento dalle quali l' uomo non ha saputo mai del tutto distaccarsi. Parlo dell'errore e dell'artificio. 

Ogni attività umana, espletata nelle funzioni del proprio lavoro o in generale come tendenza, scelta, o semplicemente nell'atto vitale è sempre stata di per sé, in potenza, sottoposta a giudizio, facendo emergere l'errore come un sistema dentro il quale conformare e condizionare il comportamento. L' errore come spauracchio che condizionando il libero agire si pone sempre davanti, alla stregua di qualcosa da evitare. L'errore conclamato che genera il giudizio e quindi ancora errore e di seguito giudizio, dando avvio ad un processo a catena che col tempo può essere capace di sostenere in noi la pretesa di avere sempre ragione. D' altra parte abbiamo l' artificio, come dimensione propria dello sviluppo tecnologico scientifico. Ogni strumento, ogni scoperta scientifica, che sia frutto di invenzione e quindi dell'ingegno appare come una creazione alla quale artificiosamente ci appoggiamo rivolgendo all'esterno ogni nostro interesse. Distraendo così l'impegno nel determinarci interiormente e creando una sorta di assopimento psichico culturale. 

Dovremo saper staccarci da questo modo di vedere il mondo e tutte le volte additare e vedere lo sbaglio negli altri, non solo per smascherare in noi il tentativo di aver sempre ragione, ma anche per imparare ad ammettere la nostra debolezza. Ad ammettere che tutti proprio tutti noi non ce la facciamo. Anche lo Stato e quindi il governo attuale, dovrebbe ammetterlo e riconoscere che i grandi piani di ristrutturazione economica, le grandi istituzioni i grandi organismi talvolta non ce la possono fare contro un micro organismo. Ed invece continuiamo a vedere una politica incentrata esclusivamente su quello a costo di creare separazioni, ledere i più elementari diritti per una civile convivenza. 

Anche la Chiesa dovrà entrare in questo atteggiamento di ammissione. Ammettere che da sola non ce la puo fare più. Ammettere di non saper trovare strade convincenti, percorsi e pastorali evangeliche nuove che attraggono i fedeli. Ammettere che una religione solo "rappresentata" e non vissuta nell'esperienza spirituale non porterà al miglioramento. E quindi farsi aiutare, chiedere aiuto. Tutti noi abbiamo bisogno degli altri, abbiamo bisogno di aiuto. 

Imparare ad ammetterlo, e questi tempi avrebbero dovuto insegnarcelo, che è cosa opportuna e giusta, perchè è un fatto naturale avere bisogno gli uni degli altri e che quindi appoggiarci alla conoscenza digitale, alla tecnologia, e anche alla scienza (che qualcuno considera ancora immancabile) può diventare un artificio per non voler ammettere i nostri limiti. Cercare in questi ambiti la propria sicurezza e talora la propria infallibilità può nascondere l' incapacità di affrontare i propri autentici ma naturali limiti.

domenica 14 novembre 2021

GREEN TRA DETERMINAZIONI E SLOGAN

Tra la fine degli anni novanta e la prima decade dei duemila, attorno alla questione del "climate change" c’è stata una guerra. Gli ambientalisti di tutto il mondo, a partire da quelli americani, che si preoccupavano di lanciare allarmi, documentando e prevedendo gli effetti catastrofici del cambiamento climatico entro pochi decenni, hanno subito una campagna di oscuramento e denigrazione a tappeto organizzata dai "think tank" dell’industria che ha fatto passare le loro tesi come farneticazioni di visionari che oggi verrebbero chiamati complottisti. 

Tuttavia, nel corso degli anni il dibattito anche tra gli scienziati è divenuto di pubblico dominio a tal punto che non è stato più possibile ignorare l’autorevolezza della comunità scientifica internazionale e le prove della correlazione tra le attività umane e il cambiamento climatico. 

I signori, capi dei governi, hanno iniziato a far finta di preoccuparsene con periodici Summit sul clima di facciata in cui nessun provvedimento credibile è mai stato preso, come sempre hanno denunciato gli ambientalisti e l’informazione indipendente.

A un certo punto nel 2006, sull’onda del colossal hollywoodiano “The day after Tomorrow”, man mano che la crisi energetica si rivelava sempre più stringente, è spuntato fuori Al Gore come rappresentante di un’industria “consapevole” del fatto che per sopravvivere avrebbe dovuto riconvertirsi in “green”, inaugurando l’era della Green Economy. 

Greta e il suo movimento mondiale di giovani sostenitori e interlocutori dell’establishment arrivano nel momento in cui l’industria della green economy ha bisogno di diffondere questa “consapevolezza”, la stessa che improvvisamente sembrano aver acquisito tutti i giornali del mondo, gli stessi media mainstream che fino a pochi anni prima avevano dato voce esclusiva ai debunker anti-ambientalisti del climate change e che oggi fanno di Greta un’eroina. 

Nel frattempo oggi, cosa propongono i promotori della Green Economy. Basta vedere le ultime risoluzioni della coop26 di Glasgow. Per lo più una riconversione fondata sul risparmio delle energie fossili, o meglio, sulla crescente sconvenienza economica e inaccessibilità allo sfruttamento delle energie fossili, la promozione e commercializzazione di beni a risparmio energetico e più in generale la digitalizzazione dei sistemi, procrastinando sempre più nel tempo la riduzione delle emissioni industriali. In conclusione, dell' accordo raggiunto ieri alle ore 21 nel Glasgow Climate Pact un piccolo gruppo di Paesi guidato da India e Cina ha determinato e decretato tale risoluzione. È stata sostituita una sola parola, ma pesante: la frase “accelerare gli sforzi per l’eliminazione dei sussidi inefficienti ai combustibili fossili” è stata sostituita con “accelerare gli sforzi per la diminuzione dei sussidi inefficienti ai combustibili fossili”. Comunque ne è scaturita una cauta soddisfazione in quanto verrà data un’accelerazione verso l’obiettivo di decarbonizzazione della società che tutti vogliono raggiungere attorno a metà secolo. 

A mio parere questa risoluzione porterà, prevedibilmente, solo un ulteriore aggravio sulle responsabilità e sull’economia (e sul controllo) dei cittadini, piuttosto che su quelle industrie e multinazionali dagli interessi economici connessi, poiché la verità è che una reale riduzione delle emissioni sarebbe possibile solo mediante un ripensamento completo del sistema globale del mercato di libero scambio e le logiche neoliberiste del profitto, cosa che l’establishment occidentale non ha mai ovviamente messo in discussione. Così mentre la farsa dell’emergenza climatica continua, le élite di Davos continueranno a fare quello che hanno sempre fatto: volgere il loro sguardo dove più trarre profitto, mantenendo il sistema capitalista globale fondato sullo sfruttamento delle risorse ambientali e umane ovunque possibile, producendo tecnologie e muovendo capitali e merci in tutto il mondo che continuano a produrre inquinamento, disuguaglianze e violenze, instaurando un sistema di sorveglianza e digitalizzazione sociale conveniente al diktat del mercato, sempre più trainato dall’industria hi-tech. It’s evolution baby. 

Come sta avvenendo per la questione Covid, non c’è bisogno di ricorrere a teorie negazioniste sul climate change per contestare la gestione del capitalismo a favore del profitto anziché della salute o dell’ambiente. Sono quegli interessi delle élite capitaliste che cavalcano le emergenze permanenti per i loro scopi e le operazioni di facciata infarcite di propaganda e menzogne che devono essere denunciati. Chi vivrà vedrà.


mercoledì 10 novembre 2021

LA FINESTRA DI OVERTON

Joseph Overton era un sociologo americano, scomparso a soli 43 anni, che ha avuto una certa notorietà postuma per la sua teoria di ingegneria sociale, denominata appunto “The Overton Window”, la finestra Overton. Nei suoi studi cercava di spiegare i meccanismi di persuasione e di manipolazione delle masse, in particolare di come si possa trasformare un’idea da completamente inaccettabile per la società a pacificamente accettata ed infine legalizzata. 

Ci si chiede spesso a posteriori, come interi popoli, non solo e non sempre a seguito di pressioni violente, abbiano potuto a un certo punto trovarsi a pensare tutti nello stesso identico modo e a condividere supinamente stili di vita prima nemmeno immaginabili, per ritrovarsi infine rinchiusi in una caverna di prigionia, come nella fiaba del Pifferaio Magico. Eccoci qua. 

In questi giorni in Italia si stanno susseguendo in modo ciclico vari cambiamenti, nelle amministrazioni locali, per dare seguito al progetto di rinforzo della struttura. Evidentemente per essere pronti a tener testa e a placare le molteplici voci "fuori dal coro" che si stanno levando da molte piazze e che nonostante gli interventi mirati sembrano pullulare e rinvigorire ancora, grazie ad una rete sempre più organizzata sul territorio. 

È notizia di oggi, 9 Novembre 2021, che già dalla prossima settimana i manifestanti non potranno più transitare nei centri storici. Con questi provvedimenti vogliono relegare l’opposizione sociale in piazze periferiche dove nessuno possa vedere e sentire il dissenso o perfino costringere i manifestanti a violare la legge – non il diritto, il diritto di manifestare è legittimo, specie se manifestano contro una deriva anti-democratica – e quindi far passare per violenti ed untori chi cavalca idee indipendenti.

Insomma siamo a un nuovo passaggio della finestra di Overton – sembra, da come si susseguono le notizie, che ce ne sia uno più o meno ogni 15 giorni – verso la costruzione di un regime sempre più asfissiante e governato da poteri sovranazionali.

FUORI DAGLI SCHE(R)MI -QR : Q-UESTIONI R-ISPOSTE

Il lavoro e la scuola sono sempre stati ambiti sociali per eccellenza, luoghi principe dove, attraverso l'espressione di un atto creativo proprio della natura umana, poter contribuire a far nascere e sviluppare il senso civico, ma anche in prospettiva, l'economia e la cultura di un paese. Oggi queste due categorie, terreno fertile di detto sviluppo, sono profondamente minate e messe in pericolo fino a mostrarsi come territorio di discriminazione. 

Su questa terra in potenza fertile, ebbene, a causa di un agente invisibile, avviene ogni giorno una battaglia per la difesa della propria dignità e dei propri diritti, tanto che sentirsi uomini liberi è messo a dura prova, dovendo sottostare a regole che se da una lato vogliono salvaguardare la salute, dall'altro, di fatto, finiscono per condizionare fortemente i rapporti e le relazioni proprie della civile convivenza. 

D'altro canto, è sotto gli occhi di tutti, che la spinta generata da un' economia fortemente liberista, premendo l'acceleratore sull' innovazione tecnologica, sta trovando terreno fertile nelle contingenti necessità di distanziamento, alimentando ancora di più, nella scuola, il senso di separazione e di smarrimento dei nostri studenti. Nonostante la ripresa in presenza delle attività didattiche, infatti, permangono e resistono ancora in modalità cosiddetta smart, alcune funzioni proprie che gli insegnanti sono chiamati a eseguire. Mi riferisco ai Consigli di classe ai ricevimenti periodici pre-scrutinio e a tutte le attività amministrative in genere. Impegni che a loro modo stanno connotando la scuola come una piazza virtuale, priva di contenuti umani. 

Lo stesso scenario possiamo riscontrarlo nella categoria del lavoro. Una modalità home persistente e pervicace anche laddove non se ne ravvisa la necessità, ma solo per comodità e convenienza, si affianca alla condizionalità legata al possesso di una certificazione che dal 15 Ottobre è diventata obbligatoria. Oggi, per tali motivi, assistiamo, purtroppo, anche a particolari situazioni di perdita del lavoro. L'incontro e la relazione diventano situazioni tanto ambite quanto legate ad un permesso, ad una rigorosa obbedienza. 

Possono nascere così nuove funzioni legate al controllo della idoneità lavorativa. Ruoli che impegnano risorse, dirottandole dal ciclo produttivo, per riservare loro mansioni di controllo imposto dalla legge. Come avvenga tale controllo sembra rimanere ancora un problema non solo organizzativo ma anche dettato dalla buona volontà dell'addetto, rivelando così i propri limiti per una completa e sicura applicabilità che la legge richiederebbe.

Quello che mi ha colpito è stata la mia particolare situazione, nella quale devo esibire ogni giorno il certificato e consentirne la lettura attraverso n. 4 schermi

In video chiamata un collega della rete mi chiede la visione della famigerata immagine QRcode che prontamente espongo avvicinando allo schermo del pc il mio cellulare. Dall'altra parte il collega addetto al controllo, avvicinando il suo telefonino allo schermo del suo pc, con l' applicazione specifica legge il mio codice. 

Quattro apparecchi. Quattro strumenti o device, come si dice oggi, collaborano con la legge. 

Quattro schermi come filtri tra me e il collega, nell' illusoria realtà di avvicinamento, ancora una volta mostrano la loro essenza snaturante lasciandomi uno strano sentimento, come una sensazione che questo processo riduttivo della dignità della persona possa diventare sempre più spedito e possa consolidarsi in forme ancora più accentuate, spingendo l'uomo verso l'annientamento, verso la perdita definitiva delle poche e residuali briciole di dignità in lui presenti.

L'ALBA DEL NUOVO MONDO

L’alba del nuovo mondo”, il titolo del libro che ha presentato l’autore Gabriele Sannino è molto coraggioso. Nella sala Conferenze di Vill...