Cesare Pavese la descrive in una sua poesia scritta in adolescenza (A Mario Sturani) questa sensazione di struggimento per il venir meno del senso proporzionato all' attesa del vivere umano.
Di fronte a questo abisso possiamo essere e sentirci liberi di fare una scelta. Una è far finta di niente, distogliere lo sguardo, cercare distrazioni che, portandoci altrove, ci fanno percepire che il problema non esiste. In questo anno e mezzo di pandemia c'è chi lo ha fatto, pensando che nei momenti di isolamento bisognava creare occasioni di distrazione. Non esiste migliore analgesico che il piacere, in quanto sembra eliminare l' inquietudine del cuore e l' avanzare del "nulla". È questo il modo per risolvere il problema ? Direi che non è proprio questa la strada giusta in quanto snobbando il nostro malessere il dolore permane. La verita è che in noi c'è qualcosa che resiste e si fa sentire ed è Il desiderio di essere amati. Se ascoltiamo bene, dalle reazioni al nulla sembra evidenziarsi una struttura originale del nostro io che contiene già in sé un desiderio di compimento, di amare ed essere amato. Al fondo del nichilismo si annuncia così, irriducibile, una consistenza del cuore, come trama di un tessuto, (il nichilismo), diventato un abito culturale e fenomeno sociale. Riconoscere questa resistenza è un primo passo di consapevolezza necessario per scorgere l' inconsistenza della dialettica culturale e dei progetti collettivi che non hanno più presa e da questo "naufragio" recuperare solamente quello che serve. Ed ecco, dopo il terremoto del virus, sorgere in noi le domande autentiche. Le domande di senso che fanno breccia nelle mura della "comfort zone" in cui ci eravamo rifugiati per farci uscire da quella anestesia alla quale eravamo abituati. Ci sono state, a ben vedere, anche reazioni, e quindi risposte a queste domande, che hanno avuto il sapore della superstizione, atteggiamenti che hanno attribuito all' accaduto un qualcosa di punitivo dall' Alto. Molti sono stati, invece, coloro che ne hanno dedotto un senso più autentico, ponendosi e fermandosi sulle domande e lasciandole 'decantare'. Questi hanno capito la necessità e direi l' urgenza di rivedere il proprio rapporto con sé stessi, con la natura e con le altre categorie del vivere.
La pandemia oltre che aver mostrato il suo effetto disastroso potrebbe essere stata un' occasione porpizia aver aperto questo varco nella coscienza. Per aver reso il nostro pensiero più libero e meno condizionato; per aver reso il nostro orecchio più sensibile al grido del cuore per sentire quel desiderio che resiste, come dicevo, a qualunque nichilismo. Quel desiderio di amare ed essere amati. Allora quelle domande, di amore, di significato, di compimento diventano esse stesse risposte, affermazioni implicite al di là delle modalità da noi sperimentabili in quanto fanno parte del dinamismo della mia persona, della struttura della mia umanità.
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