venerdì 30 settembre 2022

LA RAPPRESENTAZIONE CEDE LO SPAZIO ALL'ESSENZA

La rappresentazione è un'orizzonte  che pregiudica il nostro sguardo. 

Ci si chiede se ciò che l'io rende oggetto della sua conoscenza è veramente poi l'essenza ultima delle cose, oppure una parzialità determinata dal suo sguardo sempre limitato. 

Se l'atto razionale di investigare il mondo sia veramente fuori dal tempo, metafisico, oppure una funzione circoscritta della psiche.

Oggi anche la ricerca scientifica più avanzata, nella fisica, conferma che non esiste alcun atto conoscitivo neutro, puro, nel quale appunto lo sguardo che osserva la cosa non sia esso stesso implicato e messo in gioco nel gesto di osservare. Non sussiste uno sguardo puro, fuori dal tempo, che osservi un oggetto a sua volta puro, uguale a sé stesso, a prescindere dalla relazione conoscitiva.

Ogni atto conoscitivo, al contrario, è in un certo senso creativo, non solo riproduttivo (rappresentativo), in quanto trasforma lo sguardo (l'io) e la cosa guardata (il mondo), partendo ogni volta da una situazione pre-giudicata e cioè da un orizzonte storico-linguistico ben determinato.

Un filosofo e teologo spagnolo, Raimundo Panikkar, direbbe: se punti un fucile contro una lepre, quella cambierà certamente atteggiamento; se tu interroghi la  natura in un certo modo, tu modifichi la natura, e la natura ti risponderà in base alla forma di domanda che le poni.

La Scienza è cioè un modo di porre le domande.


L'oggettivazione è una forma della domanda, non è l'universale modo di conoscere, fuori dal tempo (metafisico) e quindi assoluto.

Lo sciamano interrogherà in un modo diverso la natura ed otterrà risposte diverse, ma ugualmente reali.

La Scienza ci dice anche che questa conoscenza concreativa accade lungo una temporalità irreversibile.

Ci troviamo tutti dentro un fiume (temporale-cosmico-manifestativo) in continua trans-formazione, che non può quindi né essere conosciuto da fuori (oggettivazione) né una volta per tutte (verità eterna della metafisica).

Non ci possiamo mettere sulla riva del fiume, per bloccarlo in un'immagine (conoscitiva) ferma, perché nel momento in cui volessimo uscire dal suo flusso rivelativo-creativo, ci metteremmo subito fuori dal suo Senso, e così ne perderemmo la conoscenza più vera.


La nostra necessità di rappresentazione, quindi, è un gesto oggettivante che si basa su una "rimozione", su una dimenticanza.

Dimentichiamo che il mondo, ed anche noi, siamo in continua fioritura. Così facendo rimuoviamo il mistero vivente dell'essenza e cioè che ogni cosa è continua manifestazione.

In ugual modo presumiamo di conoscere chi abbiamo davanti dalla prima impressione fino ad indulgere a facili critiche.

Spunti tratti da

[ L'UOMO NASCENTE - Marco Guzzi 

Edizioni Red 1987]

sabato 24 settembre 2022

L'ANIMA E LA CITTÀ

Da "non luogo" a sede creativa di ri-nascita degli spazi-interiori ed urbani

Se analizziamo attentamente ciascuna delle due dimensioni del vivere umano, possiamo accorgerci come questi due spazi vitali, uno interiore l'altro esteriore, in apparenza separati, siano in realtà strettamente legati fra di loro, fino al punto di far trasparire, quanto preconizzare, il graduale e progressivo processo di degrado, subito dalla figura umana nel corso dei secoli, ed il conseguente e contemporaneo impoverimento del suo habitat esterno.

Tale processo sembra essere giunto ad un tale livello di intensità da farne delineare una profonda crisi antropocosmica.

   Se guardiamo indietro, da una parte possiamo vedere come l'ambiente urbano- sede della civile convivenza e quindi spazio dove relazionarsi- abbia rubato nel tempo sempre più territorio alla natura, agli spazi aperti, alla campagna. 

   La natura, dapprima vista come fonte di pericolo da cui proteggersi e difendersi e in seguito oggetto di attenta osservazione ed attenzione in nome di un ostentato quanto falso interesse- tanto da far assumere al termine ambientalismo il sapore di una ideologia. 

Una  questione da programma politico, per intendersi.

Da qui in poi, con il fenomeno migratorio dalle campagne alle città, viene inaugurata una nuova forma di convivenza molto, più ravvicinata, degli esseri umani.

La  mancanza di spazi dovuta alla forte spinta migratoria, ha avuto come conseguenza diretta, il progressivo  deterioramento dei rapporti civili. 

L'ammassamento degli "abitanti", come descritto in un romanzo del 1840 di Edgar Alan Poe-"L'uomo della folla"- genera isolamento troncando le relazioni umane più spontanee e naturali.

L'uomo della folla si chiude nell'indifferenza e nell'insensibilità per autodifesa.

   Così, correlativamente e vicino a questa disfatta esteriore e civile dell'uomo, notiamo una corrispondente perdita di identità della sua figura, un decadimento psichico, una crisi che sembra emergere ostinata in connessione con la crisi dello spazio urbano.

Ancora una volta possiamo riscontrare quanto siano vere tutte le considerazioni fatte sull'unità del "dentro" col "fuori", così come tramandato da tutte le sapienze millenarie di questo mondo.

Facendo un itinerario storico possiamo affermare che i più rappresentativi per descrivere i passaggi della crisi identitaria dell'uomo sono i poeti.

Questo grazie al loro sguardo diretto alle mutazioni della civiltà industriale, a partire proprio dalle loro ripercussioni psichiche.

Direi che è estremamente importante soffermarci su questi aspetti per poter capire quali strategie adottare per affrontare tale crisi- che poi è la crisi di tutti noi nei nostri giorni-e per poter imboccare finalmente una via di ritorno.

Forse la dimensione città è diventata una forma esaurita di convivenza umana che spinge a farsi guerra, non risultando più essere luogo poetico tanto declamato da alcuni autori dei tempi passati.

Allora se è vero che l'ego è giunto a una sua forma alterata (egoità) di espressione, e che in corrispondenza la città ha subito una forma deteriore dell'abitare, dovremo avviare un percorso iniziatico per accompagnare la nascita di un nuovo io meno ego-centrato e più in relazione.

In questo consiste, da ben 23 anni, il lavoro ed il percorso dei laboratori Darsi Pace  che si preparano ad avviare un nuovo percorso di sette anni, essendo aperte le iscrizioni al primo anno.

L'appuntamento è per Domenica 9 Ottobre alle ore 10 presso la sede dell'Ateneo Salesiano di Roma.

Frequenza dal vivo o telematica con imgresso libero in aula per i primi due incontri.


C'è ancora tempo per iscriversi👇👇

www.darsipace.it 

www.marcoguzzi.it

IL TEMPO DELLA VERITÀ

La comparsa della verità sconvolge e devia.

Tutti vorrebbero conoscerla.

A volte la sentiamo vicina, ma non sappiamo afferrarla.La paura di essere chiamati nella responsabilità e il timore di dover rendere conto delle proprie azioni allontana ancor di più la verità.

Come possiamo giustificaci davanti ad Essa.

È solo curiosità teorica, di volerla conoscere, la nostra. Puro interesse intellettuale.

O veramente vogliamo camminarle accanto facendo "ammenda" degli errori commessi nel nasconderla o per averla presa sotto gamba.

Oggi come ieri nella Parola.

(Lc 9,7-9)

L'interesse di Erode nei confronti di Cristo, sulla sua identità, sulla sua missione era pura curiosità.

Era pensiero preoccupato unicamente ad indagare su un figura che compare improvvisamente sulla scena per istituire una Nuova Alleanza ed inaugurare una Nuova Umanita, ma che viene percepito come Colui che sconvolge i propri piani, i propri deliri di potere e quindi le proprie responsabilità.

La verita quando arriva sconvolge, ma mette ordine dentro e fuori di noi restituendoci la visione integra e autentica del mondo.

La nostra appartenenza e la nostra connessione alla Fonte.

È tempo per un vero esame di coscienza.


È TEMPO DI VERITÀ

sabato 17 settembre 2022

LA STRATEGIA PERSUASIVA

Prefazione

Sappiamo oramai per esperienza, perché lo abbiamo potuto riscontrare tutti, che per ottenere un risultato valido in termini di successo- in un programma che può riguardare una categoria commerciale per il lancio di un prodotto- come, in generale, in un grande progetto che coinvolga, milioni di persone per orientarli verso una scelta, occorre mettere in piedi una strategia di persuasione ben precisa.

Soprattutto se questo progetto riguarda la salute di molti, di tutti quelli ai quali è indirizzato.

È necessario quindi far presente, intanto, a ciascuno di loro, che accettare di farne parte è una condizione indispensabile di salvaguardia della salute propria e di chi gli sta vicino.

E fin qui è stato fatto, almeno nella buona fede. 

Ci è stato chiesto di fidarci.

E lo abbiamo fatto, come lo si può fare quando ci si trova a forzare i tempi utili e necessari per sperimentare- termine caro alla Scienza- ma farlo in fretta, perché presi in contropiede da un'emergenza che ha richiesto subito una mossa decisiva.

Tutto questo è stato fatto, però negando un'alternativa a coloro che pensandola diversamente nutrivano dei forti dubbi sul progetto.

Mettiamoci anche nei panni di chi doveva prendere presto questa decisione, ma senza scusare nessuna delle altre parti, degli "altri" schieramenti politici che fossero stati al governo al posto di chi ha dovuto con responsabilità decidere, mettendo in piedi un coacervo di atti legislativi estemporanei, quanto di dubbio valore costituzionale che sarà ricordato nella storia della nostra Repubblica.

È necessario tenere presente che laddove ci fossero state delle "resistenze" e dei dubbi nulla si sarebbe dovuto fare per forzare troppo la scelta attraverso manovre coercitorie volte a convincere e a rivedere il negato assenso.

E tutto questo a tutela di diritti fondamentali di salvaguardia della propria salute.

Questo invece è stato fatto!Arriviamo cosi all'istituzione del certificato verde.Provvedimento creato surrettiziamente per ottenere il risultati altrimenti non raggiungibili a motivo dei più recalcitranti.

Questo è stato fatto dando a questo strumento una veste di lascia passare, un abito formale di garanzia di facile movimento, di libero accesso nelle sedi dei servizi di ristorazione e degli intrattenimenti (spettacoli teatrali, cinema, bar).

In una parola: ricatto.

Postfazione

Dopo due anni e poco più......

a) Ad evidenze riscontrate si è potuto verificare intanto che sottoporsi al progetto non è stata condizione di mantenimento della salute.

Si è potuto notare che chi vi ha partecipato si  ammalava ugualmente e con la stessa variegatezza o gradualità di sintomi di coloro che non vi hanno aderito. Questa evidenza ha smontato la tesi dell' incontrovertibilità dell'efficacia, diventata cavallo di battaglia dei comitati scientifici e dei suoi 'portavoce'.


b) Sempre più casi di effetti collaterali stanno emergendo dalle segnalazioni eseguite in forma privata.

La vigilanza passiva, che è quella messa in atto privatamente dal singolo, ottiene però un evidente dato riduttivo, basandosi solo sul sollecito e deliberato atto di segnalazione comunicato all'ente incaricato di aggiornare il report.

In altri stati come in Usa esiste una vigilanza attiva dove sono direttamente i medici che si incaricano degli accertamenti, rilevando anche quei casi non segnalati per indolenza o per ignoranza.

Permane un dato statistico, in generale, che vede colpito 1  persona su 100, che se letto cosí, in questi termini, sembra irrilevante, ma che se lo rapportiamo al numero totale (51 milioni) sono 510.000 persone colpite da effetti indesiderati più o meno gravi, per non contare poi i decessi.

c) Domanda: se è vero che c'è stata in questa "storia" una strategia persuasiva, perché, fin dall'inizio, prevedendo un "epilogo" del genere- e non diciamo che non lo sapevano, perché, prevedendo tutto ciò, hanno fatto firmare un documento dove si sono sollevati dalla responsabilità perché, ripeto, non hanno dichiarato subito che si sarebbero fatti carico dell'assistenza di tutti quelli che si fossero ammalati per "effetti avversi"

Perché non lo hanno fatto. 

Avrebbe forse dato una maggiore sicurezza di vicinanza in molti di quei casi che nell'attualità continuano a denunciare, da una parte, l'assenza del medico di base e dall'altra la mancata partecipazione alla spesa delle cure da parte della sanità pubblica, lasciando tutte a carico del paziente le spese necessarie per intervenire sulle complicazioni emergenti che variano da problemi neurologici, di immunodeficenza, pericarditi, parestesie agli arti, dolori e fitte intercostali, etc.

Questa strategia, sono sempre piu convinto, è stata poco persuasiva.

Bastava poco per esserlo, per dimostrarsi, un poco di più dalla parte del cittadino, dell'uomo, della sua dignità', del suo bisogno di sentirsi accudito e protetto. 

Del suo bisogno di una parola di sostegno del tipo: "non ti preoccupare", noi ci siamo a salvaguardati, invece che di arcobaleni e falsi slogan scritti sui lenzuoli.

Conclusione

La conclusione la lascio a ciascuno di voi. Eh sì, miei cari.

Alla vostra capacità di pensare autonomamente. 

Al vostro ritrovato vigore di combattere in un mondo che è in decadenza, ma che fa intravedere 

bagliori di luce nascente.

Alla ritrovata consapevolezza e alla vostra capacità di infondere coraggio a chi è più lento su questa strada.

Alla pazienza e alla Speranza sempre presente nel cuore di chi accompagna la propria esistenza all'Eterno sostegno della mano del Cielo.

LEGGERE: UNA PRATICA CHE FA CRESCERE

È stato un successo, un incontro bello ed emozionante quello di stamani tra i giovani studenti (della Scuola Dante Alighieri ) e la scrittri...