Le cose che non avevo davanti.
Le altre, sfrontatamente pronte ad essere toccate, maneggiate, oggetti o situazioni varie, un seguito ad una più profonda riflessione, esistevano solo in quanto proiezioni di desideri irrealizzati.
L'intuizione è stata quella scintilla che ha maturato una decisione poi rivelatasi giusta.
Un immagine unica o un condensato di immagini figlie di più intuizioni, fulminee convinzioni che come spots si affacciavano nel pensiero, avrebbero occupato e rubato presto la scena al teatro atomico, quello dove la particella si mostrava con la sua esclusiva caratteristica fenomenica.
Avvertivo da tempo che esisteva un'altra sensibilità dove i termini misurabili dalle geometrie cadevano dentro un vortice che ne dissolveva la veridicità.
Quel meccanismo doveva, per conto suo, avere un senso, ma presto avrei scoperto che lo aveva solo inquadrandolo dentro una visione più ampia.
Questa "apertura' sarebbe stata capace di smontare la pretesa del paradigma tecno chimico di essere l'unica chiave di lettura di quanto ci accade intorno, per dotarci di una sensibilità superiore capace di farci avvertire le dimensioni più sottili del nostro vivere e quindi la possibilità di scoprirne il senso non nella loro materialità, ma solo attraverso quello che simbolicamente gli oggetti rappresentavano.
Lo stesso termine- simbolo- contiene in sé, nella sua radice etimologica, ciò che ci unisce al resto del mondo sfatando la pretesa di considerare il "sensibile" come separato, come un "dettato" formulabile nella sequenza soggetto-azione-oggetto.
Ben presto avrei scoperto che la dimensione del dolore era l'unica in grado di annullare la linearità temporale restituendomi il vero senso del tempo per considerare solo il presente come temporalità esistente.
Ho fatto caso che realizzavo di essere vivo solo dentro un accadimento doloroso estremo, ma anche quando venivo assorbito da vicende fortemente intrise della necessità di una scelta forte e decisa.
La vita era questa: incarnare adesso la scelta, la decisione che in una sequenza evolutiva giustificava la creatività del nostro essere attori ma anche pro creatori sospinti da una coscienza (lo spirito) altra.
Quando ci accade qualcosa di doloroso siamo tendenzialmente portati a giudicare l'accaduto come una dis-grazia, se non addirittura una sfortuna piombataci improvvisamente addosso e quindi pronti a deprimerci, se ci riguarda o compatire se riguarda gli altri con un atteggiamento di falso buonismo che in realtà potrebbe essere solo una reazione, una proiezione di una loro paura. Se questa modalità di com-patire (patire insieme) ci dà fastidio può voler dire che noi siamo già dentro una dinamica di accoglienza del dolore.
Siamo in-formati dall'esperienza delle peculiarità sacre e salvifiche della sua espressione e camminiamo dentro il solco di un insegnamento magistrale che il Cristianesimo, con l'esperienza della croce, ha enunciato attraverso un fatto storico, ma che tutte le volte nella nostra personalissima storia di dolore incarniamo nel presente.
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