sabato 13 febbraio 2021

IL TEMPO NOSTRO È UN LEBBROSO

Il nostro itinerario di fede è caratterizzato da un percorso irto di buche, tranelli, asperità che ci inducono a cadere più volte e ad allontanarci dalla pienezza e dalla realizzazione della nostra "conversione".Lungo questo cammino continuiamo a rinunciare a cercare una comoda "posizione", vigile ed attenta, per evitare tali ostacoli, né vogliamo far luce davanti ai nostri passi. Così facendo arriviamo ad un punto un cui siamo stanchi e scoraggiati, acciaccati dalle numerose cadute. Se abbiamo una piccolo problema, un neo, una pustola, non poniamo subito rimedio, ma noncuranti della probabile gravità, sorvoliamo rinunciando al nostro "impegno" quotidiano nell'affidarci a Chi saprebbe curarci. La nostra indolenza ritarda l'incontro fino a quando, stremati, arriviamo ai piedi del Soccorritore simili ad una carcassa piagata e piegata, un rifiuto di discarica, un rottame, riflesso apparente di una frattura di ogni divina immagine. Una voce flebile, quel che resta, ma decisa, arriva da sotto le "lamiere" contorte dei nostri sentimenti feriti. È una supplica che arriva dal profondo : 

 《Se vuoi, puoi purificarmi !》 (Mc 1,40-45) 

Ecco che allora volere e potere sembrano diventare una pretesa, un diritto, un paradigma che può risolvere il nostro disagio, dimenticando quando, con le nostre lacrime, davanti ad un evento, un lutto, un dolore, siamo rimasti impotenti. Affidare all'Altro diventa un gesto estremo, ultimativo, quasi una pretesa. Ma la dimensione del volere e del potere non ci appartiene. Non è né nostra né quella di Dio.

Credo che dovremo imparare invece a vivere nella dimensione dell'accadere, uno spazio vitale congeniale, quanto misterioso capace di darci lo stupore del vedere lo scorrere degli eventi nella loro apparente casualità, anche se talvolta intrisi di angosciosa attesa . La condizione di oggi, del nostro tempo, è la stessa di quella del lebbroso, giunto piagato, sfinito a brandelli davanti ad una possibilità, ad un accadere. Il nostro tempo apocalittico ha le parvenze di un lebbroso con le vesti stracciate, un malato terminale portatore però di un annuncio di rinascita, predittivo di un potenziale cambiamento, di una guarigione profonda, già insita nel suo declino. Il tempo nostro è come un lebbroso arrivato al capolinea, consumato ed annichilito dalle paranoie di un rapido quanto falso progresso. È un viandante che si trova ad un culmime, ad un bivio, che in un estremo fremito chiede di essere soccorso, prima che la pustola diventi lebbra. 

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