giovedì 5 novembre 2020

UN UOMO CHE VINCE IL MONDO

Annunciare il Regno è un atto rivoluzionario. È un atto contestativo che deve esprimersi n modo deciso, ma non nelle forme spesso distruttive dei secoli delle rivoluzioni. 

I.

È un annuncio per una trasformazione permanente di ogni consuetudine mentale e storica. Una "catechesi della ribellione" Per essere efficace deve sgorgare dalle radici e dai travagli del tempo che viviamo, da testimoni che hanno attraversato ed integrato il nichilismo e gli inferi del Novecento, la psicanalisi e l'arte astratta, Heidegger, Jung e Schrödinger, Kandinskij Eliot e Ungaretti, Simone Weil, Rilke facendone pensiero dell'umanità nascente. Ma non come contenuti mentali o culturali astratti, bensì come istinto incarnato, contemporaneità poetica vivente, capace di parlare di queste radici divenute ormai carne e sangue di tutti. Avrà quindi un suo linguaggio diverso da quello espresso nella riflessione teologica dominante alla quale abbiamo assistito nell'intero XX secolo. 

II.

Un linguaggio, quest' ultimo a volte stantio e piatto, retorico e ripetitivo e mai attuale. Bisogna comprendere che i problemi di linguaggio non sono mai soltanto formali : essi sono viceversa radicalmente sostanziali in quanto attengono al reale contatto che ciascuno di noi riesce a instaurare con lo Spirito che proprio ora, e sempre di nuovo si fa in noi parola e gesti efficaci. La vera rivoluzione, la rivoluzione di Cristo è davvero permanente. Il discepolo di Cristo imparerà questo linguaggio, rovesciando, non castrando, la propria aggressività, la propria energia bellica in ricettività e in amore come fecero i guerrieri Francesco e Ignazio. 

III.

A livello esistenziale l'annuncio dovrà ribadire che ogni trasformazione proviene da ciò che in noi è più fragile e disadattato. Il Cristo non parla in noi a ciò che è giusto, a ciò che in noi è sistemato, ma a ciò che in noi è perduto, malato, debole e destabilizzato. È lì che fiorisce la nostra autentica vocazione : Dalle nostre ferite. La nostra trans-figurazione in Cristo può comportare enormi difficoltà e contrasti. I due grandi pericoli in agguato sono la "crocifissione" da parte della moltitudine o la follia. Bisogna vincere questi due pericoli per arrivare alla propria individuazione. La pedagogia dell'annuncio ottenuto con il linguaggio su descritto dovrebbe essere quella di un "insegnante" capace di trasmettere innanzi tutto l'ebbrezza e la determinazione interiore, che dà affrontare il mare aperto della trasformazione. 

IV.

Insegnanti che siano essi stessi avventurieri dello spirito, esploratori umili e perseveranti che non facciano finta di avere sempre tutte le risposte, ma che conoscano qualche segreto pratico e concreto per vivere in mare aperto senza troppa paura, fidandosi della rotta. Le nostre "agenzie educative" mancano di validi rappresentanti, testimoni credibili del tempo straordinario che stiamo vivendo e come diceva Oscar Wilde: tutti quelli che non sanno più imparare si son messi ad insegnare. Ma come possiamo pretendere di insegnare senza entusiasmo, senza la forza di avere almeno intravisto la grandezza del modello di umanità che proponiamo, senza avere nulla più di bello ed entusiasmante da proporre ? Ecco la necessità di uno spirito poetico, capace di ascolto silenzioso, di lenta maturazione, di paziente e materna attesa, e insieme di scatto creativo. Questo terreno è già preparato da coloro che nei loro ambiti ristretti stanno lavorando con diligenza per rendere accogliente gli "spazi" della loro proposta.

V.

 Bisogna però essere sempre vigili e critici sulla portata di questa proposta in termini di effetti pedagogici per non cadere nelle due tentazioni sempre in agguato. Vale a dire al riflusso fondamentalistico e alla deriva nichilista. L'educatore fondamentalistico può comunicare, a volte anche non verbalmente, schemi educativi appartenenti al passato solo perché a lui sembrano più sicuri senza dare ragione fondata di questa fedeltà astratta e irrigidita, trasmettendo una paura di fondo, un'angoscia del cambiamento. La soluzione nichilista è una forma diversa in cui però ci si illude ugualmente di liberarsi dalla responsabilità del mutamento. Ma mentre il fondamentalismo delega a qualche tradizione esterna la guida della propria vita da non mutare paralizzandola nel terrore, il nichilista invece si affida, sempre per non mutare, alla deriva tecnico-informatica, si fa piccolo piccolo, rinuncia alle proprie capacità di scelta e di decisione, insegnando a tutte le persone che lo circondano che questa spersonalizzazione sarebbe di per sé liberante, l' unica via anzi rimasta all'umanità post-moderna.

 È questo lo scenario che si sta aprendo da tempo sul palcoscenico di questo mondo che sta cominciando finalmente a capire la stretta correlazione tra la trasformazione psicologico-spirituale dell'individuo con quella antropologica sociale politico-ecomica.

 (Estratto da "La nuova umanità- Marco Guzzi)

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