A volte si viaggia per fuggire da qualcosa, come atteggiamento estremo di autodifesa.
Non è il caso del protagonista di questo libro-diario che l'autore, memore delle sue esperienze in Erasmus, ha trasmesso nel testo cercando, dapprima, di cogliere il senso della propria esistenza in una Firenze che sembra non far più risuonare i propri desideri, e poi aprendosi all'esperienza dei viaggi di istruzione e di lavoro all'estero, come ad una chiamata dello spirito.
Dal suo lavoro di traduttore, ma soprattutto dall'esperienza del viaggio nasce la sua vera indole di scrittore.
Allora tutto ti parla e diventa simbolo, perfino un semplice berretto immancabilmente dimenticato su una panchina o sopra il bancone di un bar.
Tutto è evocazione.
Le camminate solitarie nella cornice della natura, le meraviglie architettoniche delle capitali europee, tappa dei suoi frequenti spostamenti, diventano fedeli interlocutori dell'anima capaci di recuperare il senso di una vita che si perde nella decadenza dei costumi dei popoli, nell'abbandono delle periferie dei cosiddetti civili centri cittadini.
Allora il viaggio diventa anche ricerca di una spiritualità assopita, ma soprattutto desiderio di amore come punto di arrivo, consolidamento di un unione tanto desiderata quanto poi delusa da un destino implacabile.
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