Ultimamente, in merito alla vicenda pandemica, abbiamo letto e appreso di alcune manifestazioni di dissenso molto provocatorie, con rappresentazioni in corteo, che rievocando il regime hanno voluto accostare se non assimilare l' odierno clima venutosi a creare con la recenti restrizioni a quello antidemocratico dell'allora epoca.Si tratta evidentemente di rappresentazioni esasperate da evitare e di formule di dissenso che facendo leva sulla paura contribuiscono ad alimentare un falso messaggio.
Tutto ciò è sconcertante. Credo si debba trovare una misura e pesare bene le proprie azioni dimostrative
Occorrerebbe spiegare ai più che, quando si fanno paragoni con alcune forme totalitarie e anti-democratiche, si sta parlando a livello giuridico e non a livello delle modalità della loro attuazione che, come è evidente, non sono certo le medesime.
Non sono le medesime perché possono oggi assumere forme del tutto nuove, come sappiamo bene (almeno lo spero), non più legate ad una violenza aperta ma, piuttosto, innervate nei meccanismi del consumo e del consenso massmediale, del ricatto buonista e fantasmatico, proprio come accade nella pubblicità.
La nostra società è oggi, lo sanno tutti (?), quella del piacere e dei comfort "obbligatori", delle merci e delle statistiche, della polverizzazione della singolarità e dell'alterità: tutto è merce, anche il panico; tutto è una sorta di "referendum popolare" basato sugli slogan e non sull'approfondimento critico, come ci ha ricordato splendidamente il nostro Presidente della Repubblica a proprosito della medicina, ridotta così al televoto da Grande Fratello.
Non c'è quindi assolutamente bisogno di campi di concentramento, bastano i campi magnetici della non concentrazione e della dissipazione euforica, del tempo libero condizionato, del lavoro a pagamento, del vanto del farsi la dose, della possibilità di consumare, di provare piaceri e riconoscimenti standardizzati dall'algoritmo fin dentro le mutande, fino all'organi-zzazione del vivente in ogni sua parte - non come imposizione diretta, ma come proposta di (tele)vendita e promessa di quiete e di sicurezza.
Siamo noi che corriamo a tamponarci e a vaccinarci; siamo noi che ci dividiamo; siamo noi che acconsentiamo con gioia alla nostra riduzione a oggetto di scambio, a passiva esaltata ed esaltante ignoranza. Siamo noi i nostri stessi sfruttatori, siamo noi che ci sfruttiamo e ci richiudiamo, che ci marchiamo e ci lasciamo svenare dolcemente, molto dolcemente, sicuri e al riparo.
Al posto del vuoto aperto del de
serto, un idolo a riempire ogni angoscia: un idolo che può assumere qualsiasi forma, da quella più sinistra a quella più filantropica. Se fermiamo l'esodo sotto alla sua ombra multicolore moriremo nel deserto, anche rimanendo in vita.
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