giovedì 8 aprile 2021

ENTRARE NEL SEPOLCRO

Ogni esperienza di dolore che viviamo è un'occasione di crescita spirituale che ci avvicina alla nostra autentica essenza. Entrare in quella dimensione è un po' come varcare la soglia di un sepolcro. 

I.

La strada che vi conduce è un deserto. Un vento asciutto e carico di sabbia ci costringe a tenere gli occhi chiusi e a guardare appena dentro, mentre il nostro passo, incerto, indugiando affonda. Senza occasione di riparo avverti di essere entrato in una prova dove tutto il tuo corpo ne è coinvolto. 

Nel deserto tutto scolorisce e perde valore. Riferimenti cartesiani, direzione e misure decadono per lasciare spazio ad un orizzonte indefinito. In questa nuova "economia", dove ogni bagaglio che avevi come inutile zavorra diventa un peso, lasci andare le tue difese ed ogni sistema di protezione per giungere ad una condizione di essenzialità. 

Quando fuori tutto è uguale, e tutto intorno a te, la patina di un grigio sipario copre la scena, sei costretto a ri-volgere lo sguardo per scoprire ad ogni passo chi sei veramente. E, in un incedere lento, inizia un viaggio interiore verso le radici della tua vera essenza che ti porta a scoprire quel dolore e la sua origine profonda. 

II. 

Scoprire la ferita primordiale vuol dire comprendere dove è accaduta l'esperienza del mancato amore per andarla a soccorrere adesso. La coscienza risvegliata soccorre senza limiti di tempo e di spazio. Possiamo guarire in un' altra, unica dimensione, quella dell' amore. 

Nell' economia dell'amore ogni attimo è quello giusto per andare a coprire una mancanza e, quando questo avviene, puoi avere la sensazione di non essere mai stato solo su quella strada, anche se guardando indietro vedi solo le impronte di due piedi. 

Quel bambino ferito ora ha la possibilità di essere curato. E il momento di soccorrerlo, di dedicargli più attenzione. E quella cura amorevole, rigenerandoti qui ed ora, cambia anche i tuoi rapporti con gli altri, ottenendo una trasformazione, una guarigione del mondo. 

III. 

Il dolore da fuori genera sguardi di cauto distacco misto a falsa pietà, entrambi figli della paura. Bisogna entrarvi in punta di piedi. Meglio sarebbe lasciare parlare il silenzio. 

Differentemente, chi lo vive in prima persona impara a volergli bene e ad attraversarlo, e mai evitarlo. Se, nello spirito di comunione dei beni del mondo, di ogni cosa creata non dovremo sentirci proprietari, questo non accade per il dolore. Il dolore è l' unica cosa che davvero ci appartiene, l' unica esperienza della quale sentirci gelosi proprietari per entrare con esso in quella "confidenza" che davvero ci guarisce.

Comprendi che il tuo sepolcro, e il sepolcro del mondo sono la stessa cosa. Il luogo dove ll tuo orgoglio muore, il momento dove il tuo io si spegne, è il tempo dove l' uomo vecchio, ha lasciato, piegate, le bende, il "sudario" di ogni suo impulso di autoaffermazione. 

Allora la pietra spalancata sul nuovo orizzonte aprirà a noi nuovi panorami e dentro e fuori spirerá il vento di ri-nascita dell'uomo Nuovo.

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